Il dopoguerra

 

La pasticceria di Via Maestra


La storia di Ferrero comincia ad Alba, dove ancora oggi ha sede il suo stabilimento più grande. Pietro Ferrero apre un laboratorio in via Rattazzi, dove inizia a fare esperimenti e a inventare golosità. La moglie Piera gestisce la pasticceria di via Maestra, chiamata dai suoi concittadini “il Biffi”, come il più famoso caffè di Milano.
I tempi non sono facili perché con la guerra anche gli ingredienti più semplici diventano introvabili. Pietro Ferrero però non si scoraggia e ha un’idea geniale: sfruttare una delle maggiori ricchezze del territorio, le nocciole.

Nasce l'industria Ferrero


Dal laboratorio di via Rattazzi esce il primo prodotto Ferrero: la “Pasta Gianduja” o “Giandujot”. La pasta a base di nocciole è avvolta nella carta stagnola, si taglia a fette e si mette sul pane ed è un prodotto buono che costa poco. Un chilo di questa specialità, infatti, costa 600 lire (0.30 euro) contro le 3.000 lire (1,50 euro) di un chilo di cioccolato. Il Gianduijot incontra subito i favori del pubblico, oltre ogni aspettativa. Nel febbraio del ’46 la produzione è di tre quintali e arriva oltre a mille alla fine dell'anno; i dipendenti salgono a una cinquantina e arrivano a un centinaio l’anno successivo. Il laboratorio di via Rattazzi diventa troppo piccolo e così Pietro decide di far costruire la prima fabbrica su un terreno acquistato qualche anno prima in via Vivaro ad Alba, dove oggi sorge la sede della Fondazione.
Il 14 maggio 1946 nasce ufficialmente l’industria Ferrero.
Per far conoscere la Pasta Gianduja anche fuori dalla città di Alba e dal Piemonte, Giovanni, fratello minore di Pietro, organizza una rete di vendita molto efficiente e capillare. Con i "Musoni", nome con cui vengono simpaticamente chiamate le versioni commerciali della Fiat Topolino, compone una flotta di 12 camioncini che qualche anno dopo sarà seconda per dimensioni solo a quella dell'esercito italiano. 
In questo contesto Michele, il ventenne figlio di Pietro, inizia a collaborare con il padre.

La solidarietà dei dipendenti


Ferrero si sta preparando ad affrontare la produzione in vista del Natale quando una violenta alluvione si abbatte sulla fabbrica. È il 4 settembre 1948: il fango invade la fabbrica, sommerge tutte le apparecchiature e tutto sembra perduto. Per fortuna non ci sono vittime ma i danni riportati sono enormi e l’azienda resta isolata. I dipendenti però non la abbandonano: insieme ai fratelli Ferrero si mettono a spalare la melma per cercare di salvare i macchinari. Dopo quattro giorni di duro lavoro liberano la fabbrica dal fango e a fine mese Ferrero torna in piena attività.

L’addio a Pietro Ferrero


Il 2 marzo 1949 un altro triste avvenimento si abbatte sull'azienda: a soli 51 anni muore Pietro Ferrero, il fondatore dell'impresa. Il testimone passa nelle mani del fratello Giovanni e di Piera e Michele, moglie e figlio di Pietro.

La prima avventura all'estero


Ad Alba si guarda lontano, all’Europa e alla Germania. A Stadtallendorf, nell’Assia, a 150 km da Francoforte, nascono Ferrero GmbH e il primo stabilimento estero, che per molto tempo resterà l’unico esempio di una realtà dolciaria veramente internazionale. All’inizio i dipendenti sono cinque ma in sei mesi sono già 60, fra italiani e tedeschi. L’utilizzo dello spazio dello stabilimento, prima legato all’industria militare, è un esempio importante di conversione dell’industria bellica in industria di pace.
Con la pralina Mon Chéri, uno scrigno di cioccolato che racchiude una gustosa ciliegia, Ferrero si afferma sul mercato tedesco e non solo. Lo stabilimento si ingrandisce e per far fronte a una produzione sempre maggiore – 200 quintali al giorno che diventeranno 500 milioni di pezzi l’anno – vengono chiamate operaie stagionali dall’Italia. Sono 200 ragazze tra i 18 e i 25 anni che restano in Germania da giugno a febbraio. Per loro viene aperta “Villa Piera”, una sorta di college costruito accanto allo stabilimento per evitare alle ragazze il disagio dei trasferimenti da e per la fabbrica.

Impegno sociale e innovazione


Nel nuovo decennio la produzione arriva a 3.800 quintali l’anno e i dipendenti sono ormai quasi mille. Nei loro confronti cresce l’impegno sociale dell’azienda che costruisce case per chi preferisce abitare vicino al posto di lavoro, i “Villaggi Ferrero”, istituisce un servizio di autobus gratuito per chi viene da fuori Alba e propone colonie estive al mare e in montagna per i figli dei dipendenti.
Le idee non mancano e da Alba continuano a uscire prodotti innovativi. La “Cremalba”, chiamata poi “Supercrema”, si spalma sul pane ed è l’antenata della Nutella. Un chilo costa soltanto 500 lire (pari a circa 25 centesimi di euro).
Ferrero lancia anche il “Sultanino”, una piccola stecca di cioccolato, e il “Cremablok”, un cioccolato ripieno di nocciola: lanciati nel luglio del ’53 se ne producono inizialmente 4.000 quintali che salgono a 48 mila l’anno dopo.
È Michele a vendere direttamente il Sultanino. Lo zio non è convinto della novità e non vuole promuoverlo. Così il nipote ne produce alcuni pezzi di nascosto e li consegna direttamente ai negozianti, effettuando in questo modo un test sul gradimento dei consumatori. All'indomani cominciano ad arrivare telefonate e richieste per la nuova specialità. Per Ferrero è un altro successo.

Michele alla guida dell'azienda


Nel 1957 muore Giovanni Ferrero e il controllo dell’azienda passa al nipote Michele. La creatività, la voglia di esplorare nuove vie e di sperimentare continuamente sono le caratteristiche che lo accompagneranno durante tutta la sua carriera. L’innovazione non si manifesta soltanto nell’ideazione di nuovi prodotti, ma anche nell’utilizzo di forme promozionali assolutamente originali per quei tempi.
Il “Treno dei bimbi” è un'idea di Michele Ferrero per stupire e divertire i bambini italiani. È un autocarro “rivestito” come una vecchia locomotiva, che percorre le strade delle città italiane durante fiere, manifestazioni e nel periodo del Carnevale. Dal treno si distribuiscono cioccolatini, caramelle, matite e si ottiene un grande successo pubblicitario.
Michele Ferrero non è soltanto un creativo, è anche un grande appassionato di macchinari industriali. Va lui stesso a Copenhagen ad acquistare un mastodonte lungo 80 metri capace di sfornare dieci quintali di prodotto l’ora. Notevole anche la cifra pagata - circa 80 milioni (40 mila euro) – ma l’investimento si rivela in linea con le esigenze di produzione e dopo poco tempo vengono acquistati altri due impianti simili. Sono gli anni del boom economico e con Michele, come si vedrà, l’azienda conosce il suo grande sviluppo.

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